L’ARTE CONTRO IL RAZZISMO: DALL’800 AD OGGI
L’arte contro il razzismo? Non è sempre stato così. Bisogna considerare che il termine razzismo fu usato per la prima volta solo alla fine del 700. Fino ad allora esisteva invece la parola razza , che veniva usata per classificare le tipologie di cavalli e di cani. Per giungere al razzismo bisognava estendere anche all’uomo il concetto di razza, passaggio che avvenne appunto nel corso del ‘700 quando la parola si diffuse ampiamente nei testi di antropologia.
Nei secoli precedenti
Nei secoli precedenti gli artisti si sono limitati a riprodurre le realtà dell’epoca senza prendere una posizione precisa sui diversi trattamenti riservati a popolazioni differenti (soprattutto per il colore della pelle) dalle nostre. Ecco così un gran numero di quadri che rappresentano mercati degli schiavi, ancelle nere al servizio di dame dalla pelle bianchissima, velieri adibiti alla tratta degli schiavi che solcano i mari e così via di seguito.
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I Il mercato di schiavi” di Jean-Léon Géròme è conservato al Clark Museum di Williamstown
L’Ottocento
È in questo secolo che hanno inizio i primi movimenti abolizionisti. Fra gli artisti che cavalcano per primi questa corrente troviamo Théodore Géricault che mette la propria foga romantica al servizio di questa causa, moltiplicando le rappresentazioni vigorose o addolorate dei neri. Il tono si inasprisce tra i pittori. La tratta dei neri di François-Auguste Biard fa scalpore al Salon del 1835. Altri osano denunciare le pene inflitte alle vittime di un sistema inumano. È il caso di Marcel Verdier, allievo di Ingres, che nel 1843 si vede rifiutare dal Salon la sua Punizione dei quattro paletti. La miccia è stata accesa e, da allora in poi, saranno tanti gli artisti che abbracceranno la causa.
Théodore Géricault Una delle sue rappresentazioni vigorose o addolorate dei neri
Arriviamo ai giorni nostri
I recenti fatti di Minneapolis, insieme a tanti, troppi altri, ci ricordano che il razzismo non è mai morto, anzi è tuttora vivo e vegeto acuito, semmai, dal problema della migrazione clandestina. Sono veramente molti gli artisti contemporanei che stigmatizzano con le loro opere questo intollerabile atteggiamento; soprattutto street artists e avanguardie americane.
Kara Walker è nota soprattutto per i suoi grandi quadri di silhouette nere
A proposito di queste non si può non citare Kara Walker, artista afroamericana che affronta il tema della schiavitù negli Stati Uniti lavorando sul ricordo della violenza e sulla violenza che questo ricordo continua a generare. E’ nota soprattutto per i suoi grandi quadri di silhouette nere. Il bianco e il nero posti in contrasto assoluto, in un’inconciliabilità cromatica, le carte decoupé con una violenta delineazione del tracciato ritagliate, i formati ampi, la ripresa di immagini di antiche fiabe trasformate in luoghi della violenza conferiscono a questa artista una grande potenza. Oggetto del suo esame sono soprattutto le tensioni tensioni razziali in America, le repressioni compiute dal potere, la violenza di genere e la sessualità.
Lo street artist più famoso del mondo si è visto cancellare una delle sue opere d’arte, un murales, perché ritenuta razzista
Banksy e Fugazzotto
Uno street artist per tutti: Banksy. Lo street artist più famoso del mondo si è visto cancellare una delle sue opere d’arte, un murales, perché ritenuta razzista dagli abitanti della zona. Ma era l’esatto contrario: quella di Banksy era una provocazione antirazzismo. Il dipinto raffigurava piccioni con slogan anti immigrazione – “Torna in Africa”, “Stai lontano dai nostri vermi”, “I migranti non sono i benvenuti” – tutti diretti contro un uccello esotico.
Molto attuale la polemica sul trittico di scimmie contro il razzismo di Simone Fugazzotto
Sempre a proposito di arte contro il razzismo, arriviamo in Italia. Molto attuale la polemica sul trittico di scimmie contro il razzismo di Simone Fugazzotto commissionata dalla Lega Serie A. La sua sorte è simile a quella dell’opera di Banksy. Molto criticata proprio per i soggetti scelti, l’opera in questione rappresenta, appunto, tre scimmie: una occidentale con gli occhi azzurri, una asiatica con gli occhi a mandorla e una nera con il viso inscritto in un pallone da calcio, come per dire: “possiamo essere diversi di colore ma alla fine rotoliamo tutti nella stessa maniera”. “Non avete capito l’opera”, reagisce Fogazzotto. C’è da chiedersi se sia stato saggio commissionare un’opera antirazzista ad un artista che da anni dipinge primati.
Un discorso a parte, quello di Basquiat. In questo artista si notano due atteggiamenti diversi: da un lato il Rinascimento di Harlem, dall'altro il figlio dell'era dei diritti civili.
Basquiat
Un discorso a parte, quello di Basquiat. In questo artista si notano due atteggiamenti diversi: da un lato il Rinascimento di Harlem, dall’altro il figlio dell’era dei diritti civili. La sua arte ha trasformato queste influenze in un qualcosa di straordinariamente moderno che riverbera ancora oggi. Il posto nel mondo di Basquiat è sempre esistito precariamente tra due estremi. Era un punk di città e un b-boy dei quartieri alti; scivolò facilmente tra cultura di livello alto e basso, tra Madonna e Andy Warhol.
Dal 1985, il suo secondo periodo, cominciò a dare maggiore attenzione a figure significative della storia black nordamericana e haitiana, a raggiungere ancora di più la vetta del successo in anni di grande cambiamento e di rivalsa per tutte le persone di colore come lui, dal cinema (si pensi a Spike Lee) alla televisione (è di quegli anni la sit-com I Robinson), dalla musica (i Public Enemy) fino alla politica (Malcom X e le Pantere Nere).
Danny Bennett
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Lillian Colden
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